Con la frontale sparata su queste parole, scrivo.

Siamo cullati o ammoniti dalle onde che ascoltiamo poco lontani da noi. Le onde artiche che da nord arrivano ad infrangersi sulle coste di Biscoitos.

Intanto noi ci rintaniamo nella tenda, sfidando l’umidità di queste isole.

Riavvolgendo la giornata di oggi come un vecchio rullino:

Poco dopo aver descritto le nuvole che si trovavano sotto di me, come il monte Olimpo, il vulcano di Pico si staglia all’orizzonte, bucando il soffice telo nuvoloso attorno a lui. È una visione privilegiata, una visione che solo un aereoplano ti può dare. Emozionante. Sono quasi arrivato!

Mi sento come Humboldt o Darwin quando raccontano la loro attesa di scorgere all’orizzonte il vulcano di Teide nelle isole Canarie.

Un bambino. Non ho miglior descrizione. Suggestionato ed eccitato, inizio a divincolarmi dalla cintura di sicurezza, tentando di riconoscere le singole isole dell’arcipelago sotto di me.

Atterriamo.

Viaggio con un amico. Quindi stiliamo una lieve bozza dei giorni successivi. Non abbiamo programmato nulla, cosa che si rivelerà in seguito sia un bene sia un meno bene, a volte.

Decidiamo di chiamare un taxi per lasciare l’aereoporto e avvicinarci al centro più vicino dove rifornirci di ciò di cui abbiamo bisogno, soprattutto di gas, avendo in mente di campeggiare. Tentiamo di parlare col tassista, ma la sua capacità linguistica in inglese…è alquanto scarsa. Mi ricorda ciò che mi disse un suo collega a Lisbona: in Portogallo le vecchie generazioni non sanno parlare una parola di inglese; le nuove, invece, ora crescono con Netflix e i cartoni animati in inglese!

Arriviamo a Praia do Vitorìa: situata sul mare, percorrendo la costa verso sud-est, la più pianeggiante (infatti l’aereoporto si chiama Lajes – che in portoghese significa propria “terre piatte”).

L’atmosfera è più che tranquilla, mentre un sole forte ci accoglie facendoci indossare subito la maglietta a manica corta. Ci rimettiamo gli zaini da backpackers sulle spalle e ci incamminiamo alla ricerca di un supermercato, ma soprattutto di questa fondamentale bomboletta di butano per poter essere liberi di cucinarci una cosa calda la sera. Percorriamo il lungo mare, prima di risalire verso il centro del paese. Poco dopo avvistiamo una serie di edifici. Fortunatissimi! Uno davanti all’altro! Comprata la bombola, entriamo nel supermercato, liberi dalla decisione forzata di una probabile dieta crudista. Scampata!

Eliminato il primo pensiero, ci dedichiamo all’esplorazione del luogo. Noto da subito un’architettura ricorrente: edifici bassi, spesso colorati, soprattutto di bianco e di giallo. E la prima cappella che trovo, con cimitero annesso, porta con sè proprio questi colori. Poi, scendiamo nuovamente addentrandoci per le vie centrali, mentre alcuni passanti locali ci lanciano occhiate sorprese o forse sospette…che ci fanno due giovani ragazzi con questi zaini, a Gennaio, nel bel mezzo dell’oceano Atlantico?

Giungiamo nella piazza centrale di Praia, dove si trova anche il comune. Poco vicino un bellissimo Dragon Tree si prende la scena con i suoi rami protuberanti, con sembianze, appunto…rettiliane.

Lì, entriamo in un bar, dove incontriamo Rodrigo. Ci scambiamo due parole, mentre ci fa il favore di riempirci le borracce, ancora vuote dal momento che abbiamo lasciato l’aereoporto di Fiumicino. Poi provo a chiedergli di Atlantide. Mi risponde che molti credono che le attuali 9 isole dell’arcipelago siano i resti di un antico continente, ma non mi ha saputo dire altro. Gli ho citato anche il professor Felix Rodrigues, insegnante all’università di Angra do Heroismo -che compare nel documentario di Cameron citato sopra- ma nulla. (Al professore ho tentato di scrivere un messaggio su facebook, sperando di organizzare un incontro, per una chiacchierata, ma non ho ancora ricevuto risposta. Sarà per la prossima volta).

Acquisite le informazioni per l’esatto orario e luogo dove prendere il bus per Biscoitos, ci avviamo nuovamente verso la spiaggia. Lì ci facciamo attrarre dal belvedere che sovrasta la baia e così decidiamo di intraprendere la salita, lasciando gli zaini pesanti all’inizio del percorso.

Arriviamo su. L’oceano si apre davanti a noi pieno dei raggi diretti di un sole che ricopre con la sua luce le miriadi di onde sotto di lui. Poco più tardi si parcheggia nell’ampio piazzale un’automobile, da cui esce un signore che si dimostra subito molto amichevole, chiedendoci da dove venissimo. Così iniziamo a chiacchierare con Carlos. Ci racconta della sua passione per gli aereoplani, registrando, all’aereoporto di Lajes, i decolli e gli atterraggi, condividendoli sui social networks. Ci presenta la sua isola con grande entusiasmo. Ci dice che in inverno si riposa, perchè i turisti sono pochi e quindi per lui c’è poco lavoro, visto che si occupa di fare l’autista ai turisti in giro per l’isola. Ci condiviamo i rispettivi contatti e si offre di accompagnarci alla fermata del bus che dobbiamo prendere per raggiungere la parte settentrionale dell’isola.

Il bello di visitare porzioni di un luogo con un bus locale, è la possibilità di avere una rapida ma non indifferente visione d’insieme, notandone le sfumature.

Così lasciamo Praia do Vitoria, unico paese che siamo sicuri che rivedremo, dal momento che il biglietto di ritorno per Lisbona è già fissato. Lasciamo la città e la strada inizia ad attraversare i lajes. Campi di un verde accesissimo passano lungo il finestrino sul lato sinistro. A volte qualche mucca cambia la fotografia che vediamo all’esterno, mentre sul lato destro, una sfilza di edifici, soprattutto residenziali, corrono uno dopo l’altro. Davanti a me due ragazzi appena usciti da scuola parlano tra di loro mentre, poco dopo, una signora anziana prenota la fermata successiva. La porta ancora ancora non è completamente aperta che, dalla casa di fronte distante nemmeno 10m dalla strada, escono correndo e urlando di gioia dei bambini. I nipoti.

Ripeto. Il bello di viaggiare lentamente, addentrandosi in un luogo, è anche questo: godersi piccole e semplici scene del quotidiano. Roba che accade tutti i giorni, ma che molto spesso ha un valore che va oltre l’ordinario. Bello!

Il bus ci lascia lungo una strada, dopo essersi arrampicato lungo qualche breve tornante. Siamo a Biscoitos. 

Il sole sta calando e decidiamo di approcciarci al mare, improvvisando dove metteremo la tenda. Ciò che ci dà il benvenuto è uno spettacolo entusiasmante: una distesa di scogli lavici ci separa dalle onde dell’oceano. Sembra di vedere un labirinto di lava. Ancora una volta, come un bambino, mi faccio prendere dalla foga del momento: lascio lo zaino addosso ad una roccia e mi addentro nel labirinto, cercando di avvicinarmi il più possibile alla potenza del mare, andando a caccia anche di qualche fotografia.

Il buio è ormai sceso. Tentiamo di fare qualche domanda in giro per capire dove potremmo mettere la tenda, ma alla fine seguiamo le indicazioni per il Parque do Campismo che avevamo notato in precedenza e visto sulle mappe. Troviamo aperto. Un giovane ragazzo si mette dietro al pc, mentre un bambino e un neonato in culla stanno dietro il bancone. Credo fossero i suoi figli. Non ci chiede nemmeno i documenti, ci fa pagare solo la quota per la piazzola e ci accende le luci dei bagni, mostrandoci gentilmente come muoverci. Siamo gli unici “ospiti”.

Rimandiamo la doccia, essendoci solo l’acqua fredda -cosa che scopriremo essere una costante nei Parque do Campismo di questo periodo- ci prepariamo da mangiare accendendo la nostra bombola, ripercorrendo insieme la giornata trascorsa, mentre le onde si rovesciano violente addosso al “labirinto di lava”.

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