Anche questa mattina esco dalla tenda prima che il Sole albeggi. Con ancora i pantaloni del pigiama addosso, scendo presso gli scogli nel bel mezzo delle piscinais naturais a godermi le ultime onde dell’oceano, aspettando i primi raggi… del padre di tutti noi (piante, animali e minerali compresi, ben inteso:)

Scatto e giro qualche breve video, combattendo con me stesso per mettere via il cellulare, ma la voglia di catturare quegli istanti è stata fortissima!

Facciamo colazione con calma e decidiamo di spendere l’attesa, prima di avviarci all’aereoporto, con una camminata d’esplorazione delle vicinanze, fino a Ponta do Morro, incontrando capre, mucche, i soliti cani e qualche contadino e muratore, intento a ristrutturare vialetti e muretti.

Questo paesaggio è suggestivo, ha una ruralità differente da quella a cui siamo soliti: già la presenza dell’oceano sullo sfondo, cambia tutte le carte in tavola. Tutto è più lento, ancora più lento di alcune delle nostre campagne che, molto spesso, ospitano grandi ettari pieni di monoculture, dove i colori sono azzerati in favore del colore delle banconote. Ritornare ad una ruralità umana. Siamo riusciti a donare una maschera di produzione e profitto anche all’elemento “terra”, la cosa più ancestrale ed atavica che ci caratterizza come esseri umani, tanto che, forse, non è un caso che, sempre di più, facciamo fatica a ritenerci umani, in un mondo che punta alla disumanizzazione totale.

Comunque. Raggiungiamo quella che è una cartolina bellissima! Mi guardo attorno e credo di stare sulle scogliere dell’Irlanda o della Scozia; poi vedo davanti a me questa specie di grande roccia in mezzo all’ acqua e non posso non pensare all’Australia, al simbolo del continente degli antipodi, casa e tempio sacro dei nativi australiani da decine di migliaia di anni: Uluru o, anche chiamata, Ayers Rock!

Lì, cado in un sonno profondo, baciato dal sole che va e viene attraversato da nuvole innocue, mentre gabbiani e altri volatili ci girano attorno su e giù per la scogliera; qui, dove dimora la loro casa e si prendono cura delle nuove generazioni.

Rientriamo nella zona del campeggio, recuperiamo gli zaini, anche questa volta nascosti in mezzo agli arbusti e via verso l’aereoporto.

Attendiamo il volo su una bellissima terrazza che dà sulla pista e sull’oceano, mentre io mi sorseggio un tè e faccio merenda con un pezzo di torta al cioccolato.

Atterriamo per la seconda volta sull’isola di Terceira, dove ci accoglie la mano alzata di Carlos che ci saluta dall’esterno della pista d’atterraggio. Bellissima sensazione quella di essere in un paese così lontano da casa propria, ma avere qualcuno che ti aspetta… grazie Carlos!

Carlos ci dà un passaggio fino a Praia do Vitoria, alla rotonda dove eravamo stati lasciati dal primo taxi preso alle Azzorre, ormai nove giorni prima.

Ci arrampichiamo sul miradouro, intenzionati a piazzare la tenda. Intenzione covata sin dal primo giorno…e ce la facciamo, mettendo la tenda dietro ad un’alta aiuola che ci separa dalla strada.

Riscendiamo in città quando, verso le 20, Carlos ci passa a prendere per passare insieme la nostra ultima serata. Torniamo a mangiare al Delman Bar, molto apprezzato e, oltrettutto, mi ha fatto molto piacere che alcuni dei ragazzi dello staff ci abbiano riconosciuto dalla volta precedente. Insistiamo con Carlos… ma alla fine è lui ad offrirci la cena.

Dopo di che, riprendiamo la macchina. Carlos decide di accompagnarci fin su al miradouro e lì lo ringraziamo di tutto…soprattutto per l’ospitalità donataci e per essere stato rappresentante formidabile della sua gente.

Domani si torna sul continente. Buonanotte

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