Mi risveglio accartocciato tra i miei zaini su un sedile dell’aereoporto di Lajes e il volto coperto dalla mia bandana. Ma ho dormito da dio! (A conferma che dormo anche sui sassi, proprio come feci a 3000m sulla Sierra Nevada in Spagna).

Abbiamo passato la notte in aereoporto ed ora siamo in attesa dell’aereo per l’isola di Pico. Avessimo visitato le isole in alta stagione…non avrei esitato a raggiungere Pico via mare…anche perchè i costi dei voli interni si fanno volere poco bene…

Comunque la sera prima, sempre grazie a Carlos, ci siamo ritrovati a fare il tifo per la squadra locale di pallavolo, dentro una palestra di una scuola.

Biglietto gratuito per assistere ad una partita di serie A. L’altra squadra veniva addirittura da Lisbona. Poi siamo andati a mangiare al pub più cool dell’isola, il “Delman”, prima che Carlos ci accompagnasse in aereoporto.

Col rischio di essere cacciati fuori a passare la notte, attendiamo il cambio turno del poliziotto addetto alla notte. Ci parliamo, è chiaro nei suoi ordini – ossia di non muoversi dai sedili, eccetto per andare al bagno- ma gentile. Io mi sistemo magistralmente tra i sedili e mi lascio avvolgere dal sonno.

Al mattino, Davide tenta di sorvolare sui controlli, “facendo finta” di non avere nello zaino la bomboletta di butano. Risultato: stiamo mezz’ora ai controlli. Io mi faccio due risate, tentando di sdrammatizzare il momento, nella più perfetta modalità take it easy and let it go.

Alla fine decolliamo e, proprio come scritto all’inizio di queste pagine, mi trovo di nuovo avvolto dall’entusiasmo di un bambino, incapace di stare fermo sul sedile, sporgendomi qua e là per tentare di scorgere da sopra le nuvole, o Pico. Riesco a vederlo di sfuggita ma, solo una volta scese le scalette del velivolo, lo ammiro in tutta la sua imponenza: 2351m s.l.m.

Il vulcano: l’unica certezza di questo mio viaggio; non avrei mai salutato le Azzorre, se non fossi riuscito a raggiungere la sua cima.

Solo una volta dentro l’aereoporto dell’isola di Pico, ci rendiamo conto di una cosa: che va bene partire all’avventura senza programmare quasi nulla, ma non sempre è la soluzione migliore, o almeno la più indicata. Perchè ci ritroviamo a doverci muovere dall’aereoporto e capiamo che i bus sono un miraggio che appare solo un paio di volte al giorno e, per di più, lungo la costa. Che fare? Pensiamo e ci informiamo addirittura per noleggiare un paio di giorni una macchina, ma alla fine si opta per quella che è la soluzione più veloce: il solito taxi, ma che personalmente è un’opzione molto piacevole, perchè i tassisti molto spesso sono belle persone, a volte personaggi con le loro storie personali, proprio come Luis che, dopo aver vissuto per 30 anni a Boston guadagnandosi da vivere sempre girando con la sua auto, è tornato a Pico, dove è nato, scegliendo la tranquillità di un’isola quasi selvaggia in mezzo all’Atlantico, invece di invecchiare nel chiasso di una metropoli sulla East Cost.

Quindi, Luis arriva in nostro soccorso. Direzione: la Casa do Montanha. Una decisione che solo due ventitreenni reduci da una notte passata in un aereoporto e mezzi digiuni possono prendere: il tempo è buonissimo, anzi ottimo a detta del ragazzo del “rifugio” per salire sul vulcano, una giornata che non ricapiterà a breve, soprattutto nei due giorni successivi che passeremo sull’isola.

Dunque: abbiamo tempo fino al tramonto per salire in cima al vulcano e goderci la vista e scendere di quota, senza sapere dove finiremo a dormire la notte. In quel frangente, Luis si rivelerà fondamentale…

Luis ci lascia all’ingresso della Casa do Montanha, dove velocemente veniamo istruiti a tutte le regole da seguire mentre selezioniamo le poche cose necessarie da portare con noi per l’ascesa. Paghiamo la cifra di 25euro (un giorno torneremo a vivere in un mondo in cui potremo camminare liberamente su un vulcano, una montagna o una foresta senza dover chiedere il permesso a qualcuno, per diritto naturale? Domanda interessante. Comunque si cerca di comprendere il momento storico e l’evidenza che le poche entrate economiche dell’isola arrivano dal vulcano, dal vino e dal whale whatching (parleremo anche di balene e di arpioni…)…sorvoliamo…bel paradosso però: pagare per abitare in casa propria…

Quindi. Ci vengono anche regalate due bottiglie d’acqua, dal momento che venivamo direttamente da un volo aereo, ci mettiamo lo zaino sulle spalle, usciamo dal rifugio e iniziamo il sentiero sotto un bellissimo cielo azzurro. Vegetazione bassa ci accompagna lungo il primo tratto per abbandonarci cammin facendo, lasciando spazio alla sola lava ormai solida. Nei punti più ombrosi troviamo ancora del ghiaccio formatosi probabilmente nella notte e piccole pozze di fango.

Salendo in quota e voltandoci, l’isola di Faial si dispiega sullo sfondo e sulla destra, tra la foschia, si nota anche la lunga isola di Sao Jorge mentre, guardando giù verso la valle, una miriade di crateri costella il paesaggio ed io che osservo le sollite colline che ricordano solite forme piramidali. Dalla nostra sinistra giungono costantemente banchi di nuvole che passano veloci, ormai sotto di noi. Noi proseguiamo, facendo ogni tanto qualche sosta per bere un goccio d’acqua, anche perchè l’altitudine inizia a farsi sentire sul respiro.

Il paesaggio si fa sempre più marziano. Non una singola pianta attorno a noi.

Dopo più di un paio d’ore di camminata, raggiungiamo il cratere: un guscio rovesciato proprio sotto al pico, la vetta che ci attende. Fare due passi dentro la caldera fa riflettere: sostanzialmente ti ritrovi a camminare dove per qualche istante, lontano nel tempo, c’è stato un mare incandescente di materiale proveniente dal cuore del nostro pianeta.

Il potere della Natura: stop look and go (rubo la citazione da questo tedx : https://youtu.be/UtBsl3j0YRQ): l’opportunità di ridimensionarci, di fermarci, distaccarci per un istante da tutte le nostre identificazioni, guardare fuori per guardarsi veramente dentro senza alcuna illusione e infine andare sul Sentiero della Vita con una visione rinnovata dalla gratitudine di esserci, di essere parte di tutto questo che ci circonda e di cui siamo parte. Non dimentichiamoci di alzare gli occhi al cielo la notte. Torniamo ad usare le stelle come specchio per la nostra anima.

Finalmente siamo sotto l’ultima parete. Da sotto la cima non riusciamo a vederla. Davide è dietro di me, ma non lo vedo. Decido di aspettarlo per salire insieme. A questo punto scelgo un corridoio di lava invece del sentiero consigliato. Uso mani e piedi per scalare l’ultimo tratto, mentre il vento fischia forte. Superiamo l’ultima roccia che ci divide dalla vetta, aprendoci un panorama sul versante nord nord-est dell’isola. Nuvole veloci corrono verso nord occultandoci il resto dell’isola, ma la sensazione di essere così in alto mi riempie il cuore grazie alla consapevolezza di aver realizzato un mio grande desiderio immaginato a migliaia di km da lì.

“We got it!” Urlo.

Iniziamo la discesa prendendo ritmo. La gomma delle scarpe ha un’aderenza perfetta sulla pietra lavica. Scendendo, quasi corriamo e ci rendiamo conto di percorrere il ritorno in un tempo brevissimo. Poi, lungo il sentiero, incontriamo una coppia di due simpatici ragazzi tedeschi: lui in erasmus a Coimbra, arrivato alle Azzorre per incontrare la sua amica, studente a Faial. Iniziamo a chiacchierare e concludiamo insieme la discesa. Usciti dalla Casa da Montanha, ci giriamo e dietro di noi il vulcano è sparito, inghiottito dalle nuvole. Tempismo perfetto.

Dal momento che anche loro sono diretti alla cittadina di Madalena, chiediamo loro un passaggio. Raggiungiamo giusto in tempo il porto di Madalena per non far perdere l’ultimo traghetto disponibile alla ragazza. Noi due rimaniamo con il ragazzo, incerto sulla sua prossima tappa, quando si offre di accompagnarci dove abbiamo bisogno di andare per la notte.

A 3km dal porto, vediamo sulla mappa che c’è un posto dove poter mettere la tenda. Così arriviamo sul luogo, lo salutiamo e ringraziamo di nuovo, ma poco dopo, mentre ormai il buio è sceso sul mare, capiamo che non dormiremo lì. Ultima spiaggia: chiamare di nuovo Luis.

Dieci minuti dopo ci raggiunge e ci scusiamo per non averlo avvertito riguardo al fatto che infine avevamo trovato un passaggio per raggiungere Madalena (ci eravamo accordati in precedenza che lo avremmo chiamato una volta scesi dal vulcano).

Durante il tragitto, come se fosse uno zio, ci fa un “cazziatone gentile ed educato”: sostanzialmente ci ammonisce dicendoci che dopo un’escursione del genere, bisogna trovare un posto dove potersi fare una doccia e dormire dentro un letto e che la notte fa freddo.

Nonostante gli avessimo esposto la nostra idea di andare a vedere se fosse possibile mettere la tenda al Parque do Campismo della città, prende lui l’iniziativa e ci porta ad una pensione di sua conoscenza; chiama la signora Fernanda, ci trova una stanza con due letti e, poco dopo, torna dicendoci che ha chiamato il ristorante alla fine della strada avvertendo che saremmo arrivati a breve per mangiare qualcosa.

Lo lasciamo fare, aiutati anche dalla nostra stanchezza e dalla gratitudine dell’attenzione a noi rivolta e lo salutiamo ringraziandolo di cuore mentre mi ripete che, semmai avessimo avuto bisogno di qualcosa, non avremmo dovuto esitare a contattarlo.

Alla fine saliamo al piano di sopra nella stanza, sistemiamo gli zaini e poi usciamo per mangiare qualcosa. Raggiungiamo il locale suggeritoci da Luis, ma intuiamo immediatamente che non è il posto migliore. Aiutandoci con internet, troviamo un posticino che si rivela molto carino, dove ho mangiato un burger vegetale fatto con i fagioli rossi che ricorderò sempre con molto piacere, ma soprattutto con mucho gusto!  (È una battuta eh..mucho gusto, per chi non lo sapesse, lo dicono gli spagnoli quando si presentano l’un l’altro). Prima di andare via, intravedo una ragazza in cucina che sta guardando verso di noi. Le alzo il pollice, ringraziandola per la cena che ci ha preparato.  Lei ci fa un bellissimo sorriso. Il bello delle piccole cose. Piccoli gesti che fanno bene al cuore. Umanità.

Mangiando, ci confrontiamo sulla gratitudine di aver incontrato Luis e ascolto Davide esprimere la sua sorpresa di aver ricevuto tanta gentilezza. Penso alle parole ascoltate dal cicloviaggiatore Dino Lanzaretti: “il 99% delle persone là fuori, non aspetta altro che aiutarti”.

Magia del vi-andare.

Nonostante l’alito che ricordava una bottiglia scolata fino all’ultima goccia…Grazie Luis.

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